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Personaggi

PERSONAGGI
Premessa
I profili che seguono si riferiscono a uomini illustri del passato, prevalentemente savignanesi, i quali hanno dato lustro e fama alla Rubiconia Accademia dei Filopatridi. Di molti è stata già pubblicata, o verrà alla luce nei prossimi anni, la monografia (v. link. “Pubblicazioni” in questo sito).
Non vengono contemplati i profili di altri personaggi che pure hanno valorizzato l’Accademia, ma la cui importanza non poteva tradursi nei curricola brevemente tracciati. Colmiamo questa lacuna limitandoci a ricordare: Giosue Carducci, Giovanni Pascoli, Massimo d’Azeglio, Francesco de Sanctis, Rene de Chateaubriand, Teodoro Mommsen, Vincenzo Monti, Giambattista Bodoni, Carlo Armellini, Arrigo Boito, Cesare Cantù, Paolo Mantegazza, Marino Moretti, Enrico Panzacchi, Alfredo Panzini, Gioacchino Rossini, Lazzaro Nicola Carnot, Pericle Ducati, Aurelio Saffi, Benito Mussolini, Gaetano Gasperoni, Aldo Spallicci e Tebaldo Fabbri.

I personaggi sono presentati in ordine cronologico di nascita.

MARINO ZAMPANELLI (1633-1694)
D’illustre famiglia savignanese, fu uno di quelli che resuscitò in Savignano il buon gusto delle lettere.
Grande conoscitore dell’ebraico e del greco stampò nel 1692 in Macerata per Pannelli un libro intitolato “Nuovi lumi grammaticali” nel cui primo capitolo mostrò grande conoscenza dell’antichità romana.
Il libro, considerato di grande spessore per l’apprendimento della lingua latina, fu consultato da tutti gli intellettuali dell’epoca.
Fu pure un buon poeta in italiano e latino.


GIUSEPPE ANTONIO BARBARO (1647-1707)
Nacque a Savignano da una delle più antiche famiglie, ora estinta.
Studiò lettere umane, poesia e retorica sotto la guida del letterato savignanese Marino Zampanelli, mentre a Rimini apprese la filosofia ed i principi della matematica che perfezionò in Bologna.
Grande conoscitore del greco e dell’ebraico, era spesso interpellato dai dotti dell’epoca.
Amante della poesia italiana e latina ed appassionato d’antiquaria ebbe, però, nella matematica, nell’algebra e nell’astronomia la grande conoscenza che lo portò ad essere consultato dai più eminenti studiosi.
Nel 1682 a 35 anni sposò Laura Giannini di Longiano che morì nel 1686 dopo avergli dato due figli, un maschio che morì nel 1702 ed una figlia che prese i voti in Roncofreddo.
Stanco del mondo si ritirò presso l’ordine dei Filippini di Cesena e divenne sacerdote.
Crebbe tanto nella pietà e nella spiritualità da godere reputazione di santo.
Tornò a Savignano nel 1707 ove morì il 14 settembre.
Venne sepolto nella chiesa di S. Sebastiano dei PP. Minori Osservanti. Nel 1789 i1 corpo e le sue vesti furono ritrovati intatti avvalorando l’idea di una presunta santità.


GIORGIO ALDEBRANDO FABERI (1701-1776)
Di illustre famiglia savignanese, ora estinta, si ritiene discendente del ramo della famiglia cui appartenne S. Aldebrando i1 quale fu prima prevosto del capitolo di Rimini, poi Vescovo di Fossombrone.
Giorgio Aldebrando fu uno degli storici più importanti di Savignano avendo salvato, con la sua opera “Origine di Savignano Incopito” il manoscritto di Rafaello Guidoni, ed accrescendolo con sue memorie.
Eresse un canonicato teologale nell’insigne Collegiata di S. Lucia.


GAETANO FANTUZZI (1708-1778)
Nacque nella villa di Gualdo e venne battezzato nella vicina pieve romanica di S. Giovanni in Compito.
Eruditissimo, teneva nella sua casa in Roma una floridissima accademia letteraria.
Quando fu eletto cardinale, nel 1759, le autorità e tutta la cittadinanza fecero grandi festeggiamenti e lo elessero “protettore” di Savignano.
Si narra che, nel conclave del 1775, per pochi voti, non ascese al soglio pontificio.


PIETRO BORGHESI (1722-1794)
Nacque a Savignano, unico figlio di Bartolomeo, la cui famiglia, oriunda di Siena, generò, tra l’altro, il pontefice Paolo V.
Studiò a Roma e altrove istruendosi nelle lingue greca e latina, nella giurisprudenza, nelle belle lettere, nella poesia e nell’antiquaria.
Ritornò in Savignano ove il cospicuo medagliere collezionato dal padre gli fu di stimolo per intraprendere gli studi di numismatica nei quali diventò uno dei più grandi esperti, interpellato ovunque.
Raccolse medaglie antiche e di grande valore, tanto da creare un patrimonio ingentissimo e, per le “consolari”, forse il più completo in Italia. Incise moltissime lapidi in marmo e tante altre ne stampò.
Fra le sue tante opere occorre ricordare quella sulle medaglie “consolari” e l’altra sui “nummi unciali” (pubblicata, però, a nome del Cardinale Zelada).
In difesa del Rubicone scrisse, sotto lo pseudonimo di Bariodino Cedicone, una memoria storica sotto forma di lettera e numerosi articoli sui giornali dell’epoca.
Morì a 72 anni dopo aver avuto 3 mogli ed un unico figlio, Bartolomeo.


PASQUALE AMATI (1726-1796)
Nacque a Savignano il 24 maggio ed iniziò i primi studi a Cesena e a Rimini, perfezionandosi nelle scienze legali a Roma.
Fu considerato uno dei più grandi letterati del XVIII secolo. Morì all’età di 70 anni quando era professore “primario” di giurisprudenza all’Università di Ferrara.
Scrisse svariate opere fra le quali: una preziosa grammatica della lingua latina ristampata innumerevoli volte; alcune dissertazioni di alto valore culturale e scientifico sul Rubicone degli antichi che, provocate dalle dispute fra cesenati e riminesi, volte ad appropriarsi dello storico fiume, tendevano ad aggiudicarlo definitivamente ai savignanesi; due dissertazioni sugli itinerari seguiti da Annibale nell’attraversamento degli Appennini; una dissertazione sul “Castro Mutilo” degli antichi; una raccolta completa di opere di tutti i poeti latini antichi fino al secolo VI; il “Silio Italico” e la “De restitutione purpurarum”, opera apprezzata in tutta Europa, nella quale vengono descritte le tecniche degli antichi per produrre la porpora; infine il “De Legibus”, preziosissimo trattato rimasto incompiuto perché sopravvenne la morte.


GIANCRISTOFANO AMADUZZI (1740-1792)
Nato a Savignano di Romagna ora Savignano sul Rubicone (località Fiumicino) morì a Roma.
Dopo aver compiuto gli studi nel Seminario di Rimini e poi sotto la guida di Giovanni Bianchi (Jano Planco), si trasferì a Roma ove ben presto fu apprezzato per la sua vastissima cultura.
Le sue pubblicazioni sull’archeologia, storia, filosofia, teologia, diritto, lingue antiche ed orientali lo collocarono al centro del dibattito culturale del suo tempo.
Come filosofo seguì l’indirizzo di Galileo, Newton e Leibniz, contestando, in tal modo, gli ultimi residui di cultura aristotelica presenti nello Stato Pontificio.
Erudito grecista, fu docente di greco nell’Archiginnasio della Sapienza in Roma e nel Collegio Urbano di Propaganda Fide, della quale divenne pure Soprintendente alla Stamperia.
Fu socio onorario di tantissime Accademie italiane (Arcadia, Etrusca di Cortona, Letteraria dei Diseguali Placidi di Recanati, Reale di Napoli) e straniere, fra cui quella irlandese.
Dal suo immenso epistolario sappiamo che era in comunicazione con gli studiosi di tutta Europa, in una sorta di comunità culturale che è stata interpretata come l’anticipazione dell’unione europea moderna.
La sua cospicua biblioteca (circa 4.500 volumi) e la raccolta dei suoi manoscritti e dell’epistolario (circa 50 volumi), sono custodite presso la Biblioteca Accademica e ancora oggetto di attento studio da parte di ricercatori provenienti da tutto il mondo.

Link del Centro Studi Amaduzziani
Link degli Atti Amaduzziani


EMANUELE DE LUBELZA (1750-1832)
Gesuita, nativo di Cadice, di ricca famiglia, venne a Savignano ancora giovane in seguito alla soppressione e dispersione dell’ordine di appartenenza.
Fondò un canonicato nella Collegiata di Savignano che adottò per patria.
Fu uno dei più dotti ecclesiastici che ebbe la Chiesa: alle cognizioni di matematica, lingua greca ed ebraica unì una profonda conoscenza delle scienze sacre.
Molti dei suoi manoscritti si trovano nella biblioteca dell’Accademia, mentre altre opere a Roma e Firenze.
Insegnò gratuitamente a Savignano scienze filosofiche nella scuola di umanità e retorica, corrispondente ai moderni ginnasi.
Fu consigliere spirituale di molti uomini illustri del tempo fra i quali Costanza Monti Perticari.
La di lui pietà e carità verso i poveri non ebbero limiti.


GIACOMO TURCHI (1754-1801)
Fratello di Giuseppe, nacque a Savignano.
Letterato famoso, noto oltre i confini d’Italia e specialmente in Francia, fu membro del famoso Corpo Legislativo di Milano nella Repubblica Cisalpina.
Morì allorquando stava per mettere mano ad una voluminosa edizione di Catullo, di cui era grande conoscitore. II Nardi ne tessé le lodi e indicò il possesso del manoscritto da parte del marchese Antaldo Antaldi di Pesaro.


LORENZO VALLICELLI (1756-1817)
Nacque in Savignano il 2 maggio.
Di famiglia ricchissima, ora estinta, dopo una breve esperienza in seminario a Faenza, passò agli studi letterari ed ebbe l’occasione di conoscere Vincenzo Monti a1 quale restò legato da grande amicizia.
Il padre, mirando più a1 profitto che all’indole del figlio, decise di avviarlo agli studi giuridici in Ravenna, sotto la guida di un famoso giureconsulto.
Giunto a Bologna per imparare la pratica del Foro ed avendone notato gli inevitabili numerosi compromessi, ne fu talmente disgustato che decise di tornare allo studio delle lettere, con grande rammarico del padre. Allontanatosi da Savignano, si recò a Rimini, a Padova e a Venezia, frequentando intensamente le biblioteche. Si dilettò a comporre pregevoli poesie in latino ed in italiano.
Fu fra i fondatori della Rubiconia Simpemenia dei Filopatridi.
La sua opera maggiore, intitolata “Bibliotheca deperdita”, purtroppo non passò alle stampe e del manoscritto non resta che la memoria.
La personalità poliedrica del Vallicelli emerse anche sotto l’aspetto politico, avendo più volte ricoperto la carica di Podestà del Comune.
Fu anche un ottimo magistrato in vari settori della cosa pubblica.
Morì a 61 anni in mancanza di eredi.
Lasciò l’ingente sua ricchezza al primo figlio che fosse nato dal Conte Cav. Giulio Rasponi di Ravenna.

Palazzo Vendemini, già Vallicelli

GIUSEPPE TURCHI (1759-1799)
Fratello di Giacomo, morì piamente in odore di santità.
Valentissimo pittore, studiò a Rimini i principi dell’arte, discepolo di Giuseppe Soleri Brancaleoni. Trasferitosi presso il fratello a Roma continuò gli studi sotto la guida del celebre Cristoforo Unterperger.
La di lui copia del S. Girolamo del Correggio è di grandissimo pregio.


EDUARDO BIGNARDI (1762-1826)
Nacque a Lugo, divenne savignanese per elezione avendovi dimorato per oltre quarant’anni ed insegnandovi belle lettere.
Fu vicario foraneo e protonotario apostolico, ma la sua maggior gloria fu l’essere stato precettore del conte Giulio Perticari, di Bartolomeo Borghesi, di Antonio Bianchi, di Luigi Nardi e di altri grandi uomini di cultura.
Fu pure autore di traduzioni di opere antiche e di apprezzate poesie.
Compose il celebre “Inno a Marte” della raccolta “Inni agli Dei Consenti”, stampati dalla Rubiconia Simpemenia dei Filopatridi di Savignano, coi nitidissimi torchi bodoniani, in occasione delle nozze del conte Giulio Perticari con Costanza Monti.
Persona amabilissima, vivace ed arguta fu uno dei fondatori della Simpemenia dei Filopatridi.


GIROLAMO AMATI (1768-1834)
(Disponibile la monografia, clicca QUI per info)
Nacque a Savignano il 17 giugno, figlio di Pasquale, completò a Roma la sua formazione culturale che lo portò ad essere illustre latinista e forbito ed efficace oratore.
Operò per un trentennio a Roma presso la Congregazione del Concilio e l’Archiginnasio della Sapienza.  I pontefici Pio VI e Pio VII lo nominarono anche custode dell’Archivio segreto del Vaticano e poi di quello di Castel Sant’Angelo.
Si dedicò con metodo alle ricerche storiche.
S’interessò di etruscologia e di paleografia.
Scoprì la ‘tachigrafia greca’ corrispondente all’odierna stenografia.
Col titolo di scrittore greco della Vaticana collaborò al Giornale Arcadico di cui fu anche promotore, insieme a Giulio Perticari, Bartolomeo Borghesi e ad altri dotti del tempo.
Sempre con Borghesi e Perticari riorganizzò l’Accademia degli Incolti, conferendole un assetto arcadico e dando vita alla Rubiconia Simpemenia dei Filopatridi per la quale stese le Leggi delle Dodici Tavole, secondo lo stile dei giureconsulti romani.


LUIGI NARDI (1777-1837)
Nacque in Savignano il 6 settembre.
Membro dell’Accademia Letteraria di Savignano (denominata Simpemenia Rubiconia dei Filopatridi ed ora Accademia Rubiconia dei Filopatridi), cercò di esserle utile con l’opera e con l’ingegno.
Il Comune gli fece porre una lapide nella Biblioteca Comunale.
Fu teologo, filosofo e archeologo.
Insegnò per qualche tempo in Savignano poi ebbe l’incarico di riordinare l’archivio capitolare di Rimini e fu nominato anche Bibliotecario alla Gambalunga.
Raccomandò il suo nome ai posteri con molte e belle opere, tutte con l’intento di illustrare il paese ove nacque. Suo capolavoro è l’opera “Dei Compiti”, assai importante per le pregevoli note relative alla storia di Savignano, a partire dalle origini romane.
Fu socio corrispondente della celebre Accademia Archeologica di Roma.


MICHELE GREGORINI (1778-1868)
Nacque a Savignano.
Letterato, per moltissimi anni diresse la Biblioteca Comunale e, successivamente, divenne il primo bibliotecario dell’Accademia dei Filopatridi.
Ricoprì la carica di Podestà.
Gli fu affidato, insieme al Borghesi, l’incarico di visitare i1 Ronco, Ravenna, Argenta ed il Lamone con lo scopo di promuovere l’istituzione di alcune “catecie” dell’Accademia.


GIULIO PERTICARI (1779-1822)
(Disponibile la monografia, clicca QUI per info)
Nacque a Savignano il 15 agosto dal Conte Andrea Perticari e da Anna Cassi, Contessa di nobilissima famiglia pesarese.
Ebbe quale sua seconda patria Pesaro e morì a San Costanzo (PU).
Fu uno dei fondatori della Rubiconia Simpemenia dei Filopatridi, denominato Alceo Compitano e non omise alcuna amorevole e sapiente cura per il decoro e l’incremento di questa istituzione.
Sposò Costanza, figlia del grande poeta romagnolo Vincenzo Monti, donna dotata di vivo ingegno e notevole bellezza.
Occupa uno dei primi posti nella storia della letteratura italiana e fu difensore del classicismo e del purismo linguistico.
Fu amico di Pindemonte, Niccolini, Mai e Labus.
Molto interessanti sono alcuni suoi saggi critici relativi alle origini della letteratura italiana e della lingua.
Fu scrittore pacato ed elegante e nell’opera Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori sostenne che si dovesse studiare la lingua degli antichi, senza però seguirla pedissequamente (come certo classicismo imperante proponeva).
In un’altra sua opera dal titolo Dell’amor patrio di Dante e del suo libro intorno al volgare eloquio dimostrò che nel pensiero dantesco la lingua italiana non è soltanto quella di Firenze, ma quella di tutte le regioni d’Italia.
Lavorò all’edizione commentata del Dittamondo di Fazio degli Uberti.
Autore di prose e poesie pregevoli, scrisse circa una quarantina di opere, la maggior parte delle quali non riuscì a pubblicare a causa della morte prematura.
Nel 1825 il Mazzini scrisse di lui: “Giulio Perticari, di cui sono calde ancora le ceneri e di cui vivrà bella la memoria fin ch’alme gentili alligneranno in Italia”, mentre il Carducci nel 1871 così si espresse:
“Tutta Italia rediviva
D’un affetto e d’un pensier
te saluta anima diva
Col Petrarca e l’Alighier.”
Bartolomeo Borghesi, infine, dettò per lui la seguente iscrizione che fu posta sotto le logge del Palazzo Comunale di Savignano il 17 maggio 1825:
IULlO
ANDREAE F.
PERTI CARIO
ITALICI SERMONIS
VINDICE – INVICTO
QUOD
NATALI SUO
MUNICIPII DIGNITATEM ADAUXERIT
EX D. D.
SABlNIANENSES

BARTOLOMEO BORGHESI (1781-1860)
(Disponibile la monografia, clicca QUI per info)
Nacque a Savignano l’11 luglio da Caterina Conti e Pietro Borghesi.
Celebre numismatico, aumentò in maniera considerevole la già cospicua raccolta di medaglie antiche iniziata dal nonno (Bartolomeo) e continuata dal padre.
Raggiunse in tal campo rinomanza europea per aver dettato i canoni scientifici della disciplina.
Profondo conoscitore della storia di Roma, scrisse in proposito una delle sue opere più importanti, i Nuovi frammenti dei Fasti consolari capitolini.
Ebbe per primo il pensiero di riordinare l’Accademia della sua terra natale, non seconda ad altre in Romagna per nobiltà, gloria ed esempi. Coprì a vita la carica di Pemenografo (Segretario) dell’Accademia (Simpemenia) dei Filopatridi di Savignano di Romagna (ora Savignano sul Rubicone).
Famoso epigrafista, si guadagnò la stima degli storici del suo tempo.
Visse gli ultimi anni della sua vita dedicandosi al lavoro e allo studio nella pace e nella tranquillità del Titano.
Lassù salirono, per avere consigli, insigni studiosi tra cui il Mommsen che lo chiamò “suo maestro, padrino e amico”.
Fu decoro degli studi archeologici, onore dell’Europa intera.
Napoleone III l’onorò ordinando la stampa delle sue opere in italiano, a proprie spese, presso l’Imprimerie Impériale.
Morì nella Serenissima Repubblica il 16 aprile dopo aver raggiunto, per meriti acquisiti, le più alte cariche consentite ad un cittadino non nativo di San Marino.


ANTONIO BIANCHI (1784-1840)
Di colta famiglia savignanese, si stabili in Rimini fin dalla più tenera età ove si applicò a studi rigorosi, tanto da diventare eruditissimo.
Si dedicò alla raccolta ed allo studio di cose antiche e pregevoli fra le quali la superba collezione delle lapidi riminesi.
Bibliotecario della Gambalunga, all’inizio col Nardi, resse da solo l’incarico fino alla morte.


COSTANZA MONTI in PERTICARI (1792-1840)
v. anche monografia su Giulio Perticari, suo consorte
(Disponibile la monografia, clicca QUI per info)Figlia di Vincenzo Monti e moglie di Giulio Perticari, anch’essa Accademica e assai nota nei salotti del tempo.
Nacque a Roma il 7 giugno.
Educata agli studi classici, si rivelò poetessa elegante e gentile.
Il suo poemetto “L’origine della rosa” mette in luce una rara sensibilità e raffinatezza stilistica.
Fu attiva collaboratrice dell’opera letteraria del marito col quale condivideva anche le idee politiche liberali, tanto che Giosue Carducci la chiamò “carbonaressa ardente”.
La sua affascinante bellezza e la forte personalità culturale ispirarono poeti e pittori famosi.
Fu amata, invidiata ed anche odiata.
L’incomprensione ed il dolore morale resero infelice la sua esistenza, soprattutto dopo la morte del marito, della quale fu ritenuta colpevole, mentre non mancarono molti sostenitori della sua innocenza.
Morì a Ferrara, ove fu sepolta nella Chiesa dei Serviti, la Chiesa delle amate Orsoline.
“Sempre buona, ora anche felice” è la chiusa dell’epitaffio composto per lei da Paride Zajotti.


FRANCESCO ROCCHI (1805-1875)
Nacque a Savignano il 24 maggio. Studiò alla scuola di umanità e retorica del Bignardi.
Ebbe la cattedra di archeologia in Bologna. Nel 1860 fu tra gli eletti da Napoleone III a sovrintendere alla stampa di tutte le opere di Bartolomeo Borghesi.
Per lungo tempo Presidente dell’Accademia dei Filopatridi, amante e cultore egregio delle antichità, fu uno dei primi soci della Deputazione di Storia Patria alla quale procurò notizie e memorie utilissime.
Preside per alcuni anni della Facoltà di Lettere e filosofia di Bologna, continuò e prolungò le tradizioni e la scuola dell’Amati, del Perticari e del Borghesi.
Fu consultato e stimato dai più illustri archeologi.
Morì in bologna il 23 maggio.


FRANCESCO VENDEMINI (1842-1906)
Fratello maggiore di Gino, nacque a Savignano.
Allievo di Francesco Rocchi, fu ben presto partecipe della vita culturale savignanese.
Grande studioso di diritto, per le doti intellettuali unanimemente riconosciute e per il nobile attaccamento alla patria savignanese, fu chiamato ad assumere per alcuni anni la prestigiosa carica di Presidente della Rubiconia Accademia dei Filopatridi e quella di Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Forlì.


GINO ROCCHI (1843-1936)
Nacque a Savignano, figlio dell’archeologo Francesco.
Studiò lettere italiane alla scuola di Carducci che gli dedicò una delle sue “Odi Barbare”, quella dal titolo “Da Desenzano”.
Fu filologo, letterato ed insigne educatore. Insegnò principalmente a Bologna, dapprima negli istituti secondari, poi all’Università.
Frequentò ed ebbe l’amicizia di uomini illustri dell’Ateneo bolognese, all’interno di quel clima storico creato dal rinnovamento carducciano.
Amò molto Savignano, sua città natale e, a testimonianza di questo affetto, donò all’Accademia dei Filopatridi, della quale fu Presidente, la sua ricca biblioteca comprendente, oltre a numerosissimi volumi, preziosi manoscritti costituiti da epistolari di Borghesi, del Mommsen, del Carducci e svariati autografi di Muratori, Monti, Pascoli, Rocchi ed altri famosi letterati.
L’Accademia ha raccolto tali preziosi materiali in una sala intitolata a lui ed al padre Francesco.
Luigi Amaduzzi gli dedicò la traduzione in latino moderno e in italiano delle Leggi Accademiche.
Morì a Bologna ove venne sepolto nella Certosa.


GINO VENDEMINI (1848-1911)
Nacque a Savignano. Rappresenta una delle figure più eminenti della storia savignanese e della Rubiconia Accademia dei Filopatridi.
Principe del Foro, dottissimo in diritto penale, fu anche oratore ricercato e autore di saggi precisi e ricchi di particolari inediti relativi alle vicende storiche savignanesi.
Oltre che scrittore elegante fu anche poeta dialettale efficace ed arguto: “… il più duro dialetto e gli schietti sensi popolari – piegava con felice spontaneità alla classica forma del sonetto – prendendone argomento per ravvivare con le memorie – in prose amene e discorsive le glorie paesane – poiché stimava che dall’affetto alla terra nativa – s’alimenta il fervore per la grandezza della nazione” (dall’epigrafe in suo onore esistente nel Famedio della Rubiconia dei Filopatridi).
Di profonda fede mazziniana, fu uomo d’azione combattendo, giovanissimo, a Bezzecca e volontario garibaldino a Mentana.
Eletto deputato alla Camera per cinque legislature, nell’attivo esercizio del suo mandato pose in chiara evidenza una profonda dottrina giuridica ed una singolare conoscenza della storia d’Italia.
Fu Presidente della Rubiconia Accademia dei Filopatridi dal 1899 al 1901.
L’aggressione di un male doloroso ed incurabile lo costrinse, in seguito, all’abbandono progressivo della vita pubblica.
Nei lunghi anni della malattia che doveva condurlo alla morte nel 1911, i1 suo spirito generoso ed indomito restò vigile ed operoso: “…dal letto insonne e doloroso – conversava con gli amici fedeli – rimeditava la storia d’Italia, l’opera dei nostri grandi – dall’Alighieri al Manzoni – (dall’epigrafe in suo onore esistente nel Famedio della Rubiconia dei Filopatridi).
Fu, infatti, negli ultimi anni di vita che scrisse il notissimo libro “Aegri somnia e una capa ad sunétt”. Quest’opera è una singolare raccolta di sonetti in dialetto romagnolo, assai pregevoli per fattura e significato, inseriti nel tessuto di una prosa quanto mai piacevole che, tra il serio ed il faceto, approfondisce con dotta conoscenza i più significativi eventi della storia savignanese.
La signora Marina Tomassoli, nipote dello stesso, con squisito senso di devozione verso il grande antenato, con atto notarile del marzo 1962, donò Rubiconia Accademia dei Filopatridi il palazzo ove per tanti anni vissero l’On. Gino con la sua famiglia, il fratello Avv. Francesco ed il di lui figlio Giovanni.
Insieme con il palazzo fu donato all’Accademia l’ingente patrimonio bibliografico in esso custodito, costituito di volumi, fascicoli e carteggi, tutti appartenuti ai suddetti fratelli.
La sala della Rubiconia, allestita appositamente per accogliere tali volumi, è stata intitolata ai Fratelli Vendemini.

Opere di GINO VENDEMINI CLICCA QUI: (1) (2)
Borsa di Studio “Avv. Gino Vendemini”

LUIGI AMADUZZI (1863-1945)
Nacque a Savignano, professore di lettere, insegnò presso Licei ed Università. Grecista e latinista notevole, buon oratore e poeta, resse per diversi anni la vicepresidenza della Rubiconia Accademia dei Filopatridi.
Nel 1933 volse in latino classico dal latino arcaico epigrafico e poi in italiano le Dodici Tavole o Leggi fondamentali dell’Accademia che erano state scritte da Girolamo Amati. Presidente della Congregazione di Carità, curò gli interessi delle Pie Istituzioni cittadine.


ANTONELLO MORONI (1889-1929)
Nacque a Savignano il 20 settembre nel palazzo di Corso Rubicone al n. 260 dove l’avo materno Giuseppe, capitano della Guardia Nazionale e liberale militante in Savignano, offrì asilo e mezzi ai patrioti che, dopo la sfortunata rivoluzione romana del 1849, abbandonarono il territorio dello Stato Pontificio.
Trasferitosi a Firenze, nel 1907 frequentò l’Accademia di Belle Arti, i cui corsi proseguì in quella di Bologna dove si perfezionò nell’arte dell’incisione in legno sotto la guida di Alfonso De Carolis, col quale collaborò dal 1913 al 1918 per i lavori di affresco dell’Università di Pisa e del Palazzo del Podestà di Bologna.
Nel 1924 sposò a Firenze Paola Fumagalli, figlia dell’insigne bibliografo, delicata poetessa e valida collaboratrice del marito.
Nello stesso anno fu chiamato dal governo ad insegnare xilografia nell’Istituto del Libro di Urbino.
Nel 1925, su proposta del Sen. Aldo Spallicci, suo intimo amico, fu eletto socio della Rubiconia Accademia dei Filopatridi.
Successivamente fu nominato da Gabriele D’Annunzio Soprintendente alle Scuole d’Arte della Reggenza del Quarnaro.
Ammalatosi di tisi, si spense nella Ca’ Gioiosa di Gatteo Mare il 23 settembre.
È sepolto nel cimitero di Savignano, insieme alla moglie, nella tomba che egli stesso aveva disegnato. Collaborò a riviste come L’Eroica e La Piè, illustrò numerose opere di autori classici per gli editori Zanichelli, Le Monnier e Unitas.
Venne premiato con medaglie d’oro a varie edizioni della Biennale di Venezia dove, nel 1930, ebbe l’onore di un’ampia retrospettiva.


EZIO CAMUNCOLI (1895-1957)
(Disponibile la monografia, clicca QUI per info)
Nacque a Gatteo. Fu giornalista, scrittore di valore ed il maggiore scrittore riminese del ‘900.
Fondò nel 1924 “Il Cardello”, mensile di studi su Alfredo Oriani. Diresse i1 “Corriere Padano”, il “Secolo Sera” di Milano ed “Il Telegrafo” di Livorno.
Fu amico di Riccardo Bacchelli, Giacomo Puccini, Giovanni Papini, Alfredo Panzini, Marino Moretti, Antonio Baldini, Luigi Pasquini e di altri protagonisti del secolo passato.
Scrisse romanzi e novelle, fra i quali “L’Agenzia Felsner” – il suo capolavoro – e “Olga Oliana”, tradotta anche all’estero e con la quale vinse il Premio Viareggio nel 1933.
Nel dopoguerra pubblicò il “ciclo dei romanzi riminesi” “Tre giomi di bora”, “Zebedeo in Aprusa”, “La femmina pazza”, “Il ma1 perverso”. Fu altresì autore di due volumi a carattere storico-geografico: “La Serenissima Repubblica di S. Marino” e “Rimini”.
La sua opera di maggiore impegno, che gli costò anni di ricerca e duro lavoro, fu “Anastasia”, rimasta inedita per sua volontà.
Nel 1960, per suo lascito, la vedova Velia Bandiera donò alla Rubiconia Accademia dei Filopatridi un ingente fondo bibliografico appartenuto al marito ora ospitato nel Famedio dell’Istituzione.