Viaggio nella sede di Palazzo Gregorini tra affreschi, storia e tesori bibliografici
di Marcello Tosi, Corriere di Romagna
SAVIGNANO. Il Rubicone (raffigurato come un vecchio, n.d.r.) che tiene in mano una freccia, la corona d’alloro, simbolo d’eternità e di vittoria e la canna, insegna delle adunanze pastorali….le tre lettere greche dello stemma significano “Sapientia medicina animi” (la sapienza medicina dell’animo). Così nella descrizione di Giulio Perticari l’emblema disegnato dall’artista cesenate Antonio Masini e prescelto a rappresentare l’Accademia Simpenemia Rubiconia (ovvero “adunanza dei pastori del Rubicone”), denominata poi dei Filopatridi,
Chi entra nelle belle sale dai soffitti decorati di Palazzo Gregorini, sede dell’Accademia dal 1870, con la sua Biblioteca vero scrigno di tesori bibliografici e storici, nota nel vestibolo d’ingresso la serie di ritratti di varie epoche dei personaggi che hanno fatto la storia di questa istituzione culturale, tra le più prestigiose di Romagna, tutt’ora pienamente attiva.
La fondazione avvenne nei primi mesi del 1801 a Palazzo Borghesi, ad opera di Bartolomeo Borghesi, Giulio Perticari e Girolamo Amati che vollero istituire una “palestra d’ingegni” nella continuità della grande tradizione culturale del luogo, posto sulle rive (pur se da sempre di identità contesa) dello storico fiume. Mentre l’attività della precedente “Accademia degli Incolti”, sorta alla metà del XVII secolo si andava progressivamente spegnendo, il nuovo tempio degli studi nacque nel nome della classicità, .
Fu adottato fin da subito l’uso di dare a ciascuno dei suoi membri e alle cariche rivestite nel suo ambito un nome pastorale derivato dal greco. Bartolomeo Borghesi fu il primo pemenografo (cioè segretario), con il nome di Paleotimo Steleo, ovvero “Colui che onora le cose antiche” (e “capanna stelea” divenne la denominazione del palazzo di famiglia). Era una novella arcadia, tra neo classicismo letterario (il suo maggior esponente, Vincenzo Monti, divenne suocero del Perticari che ne sposò la figlia Costanza) ed entusiasmo per la napoleonica repubblica italiana, poi Regno d’Italia. A Bonaparte furono dedicate le XII Tavole delle “leggi accademiche”, con testo composto da Amati in latino arcaico epigrafico ad imitazione delle leggi romane, pubblicate ad opera del “re dei tipografi” Giovan Battista Bodoni nel 1808.
Numerosi i personaggi illustri che nelle varie epoche sono stati insigniti del titolo di accademici: Monti e D’Azeglio, Byron e Chateubriand, Murat e Mommsen, Bodoni e Rossini, Carducci (che in qualità di segretario e presidente ne riformò gli statuti) e Pascoli.
La Biblioteca Accademica è un vero scrigno di tesori bibliografici e storici, accresciuto da donazioni e lasciti, a partire dal fondo di oltre 4000 volumi di svariate discipline, donati alla città natale dall’erudito abate Giovanni Cristoforo Amaduzzi (1740-1792). I successivi cospicui incrementi resero necessario il trasferimento nella sede attuale, dove si trovano a disposizione per la consultazione degli studiosi. Sono conservati oltre sessantamila volumi a stampa; ventuno incunaboli (ovvero le più antiche edizioni stampate) a partire dalle rare “Elegantie” di Lorenzo Valla del 1476; 302 pergamene di varia provenienza (la più antica del 1067). Nei 327 manoscritti conservati sono racchiuse preziose testimonianze di vita e di cultura, come le 12 dissertazioni ercolanensi scritte di pugno da Winkelmann (che fece conoscere al mondo la rinascita di Pompei); importanti carteggi come quelli ricchissimi di Amaduzzi e De Lubelza e di Carducci con personaggi come Rocchi e Vendemini. Le cinquecentine (edizioni a stampa dall’inizio del XVI secolo) sono oltre 2000 e comprendono importanti edizioni complete come quella di Aristotele. Presenti inoltre edizioni a stampa di grande pregio bibliografico come le ‘bodoniane’ (tra le quali le XII Tavole Accademiche del 1808); la prima edizione italiana dell’Encyclopedie (Livorno 1770) e uno dei mille esemplari, stampati a cura e a spese dell’autore, della prima edizione (1840) dei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni.